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Difendersi dal furto dei dati personali

14 mag 2021 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria P.

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Dimmi che password hai e ti dirò chi sei. No, sul serio: tutti noi – incluso chi vi scrive – tendiamo a sottovalutare l’importanza delle password poste a protezione delle utenze online.

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Eppure, per dire, nessuno di noi andrebbe a letto la sera lasciando aperta la porta di casa. O no? La leggerezza con cui scegliamo le “chiavi” di accesso ai servizi di cui usufruiamo sul web è uno dei problemi su cui pone l’accento Crif nel suo Osservatorio Cyber.

Un Osservatorio che non si concentra esclusivamente sui servizi bancari e finanziari, ma che contiene indicazioni preziose anche per chi intenda chiedere un prestito online.

Quali sono queste indicazioni? Andiamo a scoprirle.

Dark web: se lo conosci, eviti di finirci dentro

Partiamo da una premessa: con la pandemia di Covid-19 è cresciuto il numero degli utenti del web, e la fruizione dell’online si è fatta più intensa.

Risultato: sono aumentate pure le occasioni ghiotte per quanti avevano e hanno intenti criminali. Basti guardare all’esplosione – non si può definire altrimenti – dei numeri nel secondo semestre del 2020 rispetto alla prima parte dell’anno passato.

“Sono cresciuti del 56,7% gli utenti italiani che hanno ricevuto un avviso di un attacco informatico ai danni dei propri dati personali”, ci dice l’Osservatorio.

Il dato si riferisce in modo particolare agli alert su informazioni ripescate nel famigerato “dark web”, il web “oscuro”: ovvero, spiega sempre Crif nel suo Osservatorio, “un insieme di ambienti web che non appaiono attraverso le normali attività di navigazione in Internet e necessitano di browser specifici o di ricerche mirate”.

Funziona un po’ come con gli iceberg: il grosso sta sotto la superficie e non si vede, ma è la parte più pericolosa per chi naviga.

Gli account legati ai siti di intrattenimento – specialmente giochi online e streaming – si confermano i più esposti alla sottrazione di dati personali, con il 51,5% sul totale.

Nella classifica delle variazioni di peso sul totale svettano invece i social network, con un incremento dei rischi balzato dall’1,6% al 31,8%.

I nostri dati al servizio delle truffe informatiche

Nel secondo semestre del 2020, i dati personali che in prevalenza circolavano nel dark web erano:

  • password;
  • indirizzi email individuali o aziendali;
  • username;
  • numeri di telefono.

Dati che, spiega Crif, “potrebbero essere utilizzati per cercare di compiere truffe”, per esempio attraverso phishing o smishing.

Ricordiamo di cosa di tratta: in entrambi i casi, ci arriva un messaggio apparentemente partito – per esempio – da istituti bancari o finanziari, che con una scusa ci invita a immettere i nostri riservatissimi dati d’accesso al servizio. Se noi li mettiamo dentro, tali dati finiranno nelle mani dei criminali.

Nel gorgo, quindi, possono essere risucchiati anche dati “con una valenza finanziaria”, come le carte di credito e l’Iban.

Le password che impostiamo sono troppo semplici

Un’analisi delle password rilevate nel dark web fa emergere in prima posizione, nella top 10 delle password più utilizzate nel secondo semestre 2020, la banalissima “123456”, seguita dall’ancor più banale “123456789” e da un solo all’apparenza originale “qwerty”.

Tutte combinazioni di numeri e lettere abbastanza elementari, che gli smanettoni mossi da cattive intenzioni ci mettono poco e niente a intercettare.

Quindi, prima regola: dobbiamo sforzarci, per il nostro bene, di impostare “password lunghe e diverse per ogni account importante”, combinando ogni volta lettere, numeri e simboli che non abbiamo alcun legame con le nostre informazioni personali (nostre date di nascita, per dirne una).

Ove possibile, sarebbe poi bene attivare “l’autenticazione a due fattori”, utile a evitare che qualcuno entri nei nostri account avendone scoperto la login e la password.

Massima attenzione, infine, all’uso delle reti wifi pubbliche, “dove anche la password più sicura potrebbe essere intercettata”.

Ed evitiamo di memorizzare le nostre credenziali su computer pubblici o condivisi.

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