Tassi Bce e prestiti
12 dic 2025 | 4 min di lettura | Pubblicato da Maria Paulucci

Quante volte, negli ultimi due o tre anni, vi sarà capitato di pensare “accidenti, è aumentato tutto”? E non parliamo certo di quantità: parliamo di prezzi. Il carrello della spesa, le visite specialistiche in modalità “privato”, i servizi scolastici, i trasporti. Tutto. O, se non tutto, molto.
Questo rialzo generalizzato, non limitato a una o due voci della spesa, si chiama “inflazione”.
Forse non tutti avranno notato che fra il 2022 e il 2024 la Banca centrale europea ha attuato uno dei cicli di rialzo dei tassi più rapidi della sua storia recente proprio nel tentativo di riportare l’inflazione sotto controllo.
Inflazione, tassi Bce e prestiti: un confronto tra 9 Paesi europei
Negli ultimi mesi le cose sono nuovamente cambiate, e spieghiamo brevemente il perché. Convenzionalmente, la Bce – che ha nella stabilità dei prezzi la sua principale missione – ha fissato un obiettivo di inflazione a medio termine che è attorno al 2%: se i prezzi aumentano a un tasso del 2% circa nell’arco di un anno, allora ok.
Ebbene, l’incremento del livello generale dei prezzi – la cosiddetta “inflazione” – è di nuovo vicino a questo obiettivo. Perciò la Bce ha potuto tirare il fiato e riabbassare un po’ di tassi di interesse. Non è secondario né trascurabile: vuol dire che i mutui – giusto per fare un esempio – ci costano meno.
La questione, però, qui è un’altra: quanto la precedente stretta monetaria si è effettivamente trasmessa ai tassi pagati dalle famiglie per i vari tipi di prestito? È la domanda alla quale prova a dare risposta un recente studio apparso nella serie “Temi di discussione (Working Papers)” della Banca d’Italia.
Il titolo dello studio è Indebitamento delle famiglie e trasmissione della politica monetaria dopo la pandemia. Oggetto: l’andamento dei nuovi mutui e del credito al consumo alle famiglie tra il 2022 e il 2024 in nove Paesi dell’area euro (Belgio, Spagna, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Portogallo e Slovacchia) e la trasmissione delle decisioni di politica monetaria della Bce al costo dei prestiti.
Una trasmissione parziale ed eterogenea per il credito al consumo
Ebbene, lo studio offre in effetti una risposta: se nei mutui la trasmissione delle decisioni della Bce è stata quasi completa, nel credito al consumo è stata parziale e alquanto eterogenea.
Nel periodo in esame, solo una parte degli aumenti dei tassi ufficiali si è riflessa, in media, nei tassi applicati ai nuovi prestiti al consumo (il “pass-through” è stato dello 0.36): una percentuale decisamente inferiore rispetto ai mutui, nei quali il cosiddetto “pass-through” è stato invece dello 0.90.
In sostanza:
chi ha acceso un mutuo ha visto crescere il costo del finanziamento in modo rapido e allineato alle mosse della Bce;
chi ha fatto ricorso ai prestiti personali, al credito finalizzato o ad altre forme di credito al consumo ha assistito a un adeguamento molto più modesto.
Non è un dettaglio: il credito al consumo rappresenta una componente importante della spesa delle famiglie, specialmente per l’acquisto di beni durevoli. Una trasmissione più contenuta dei tassi Bce aiuta a comprendere la ragione per la quale i consumi hanno mostrato, in alcuni Paesi, una resilienza maggiore del previsto, a dispetto della stretta monetaria.
Tassi Bce e prestiti: si notano però forti differenze tra i Paesi
Ma è anche vero che nel credito al consumo la reazione alle decisioni della Bce cambia sensibilmente da Paese a Paese, molto più di quanto si nota nei mutui. Come mai?
Contano fattori strutturali e istituzionali, come il grado di concorrenza fra gli intermediari, le pratiche commerciali applicate e la regolamentazione nazionale. Per esempio, in alcuni mercati i prestiti al consumo incorporano margini più alti o strutture di prezzo meno sensibili ai tassi di riferimento, il che indebolisce il legame con la politica monetaria.
Trasmissione tassi Bce: anche l’età del debitore fa la differenza
C’è un ulteriore aspetto: l’effetto tassi, infatti, pare più forte per i debitori più anziani e più tenue per i più giovani. Perché? Una possibile interpretazione si lega al grado di rischio associato al profilo del debitore.
In altre parole:
un senior è percepito come più solido, quindi la logica sottostante ai costi applicati è meno “severa” e più sensibile ai tassi Bce;
per i segmenti più junior si tende ad adottare politiche di prezzo meno direttamente legate ai tassi ufficiali e più reattive ad altri fattori.
Potremmo spiegarla in questi termini: i debitori più giovani non hanno ancora una situazione reddituale e patrimoniale consolidata, e di riflesso i creditori tendono a essere più cauti. A prescindere dai tassi Bce.
Credito al consumo: il mercato appare alquanto variegato
Al credito al consumo, insomma, sono riconducibili logiche di costo anche molto diverse: in questo quadro, le decisioni della Bce, così d’impatto sui mutui, sembrano restare un po’ sullo sfondo.
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