Richiesta di prestito: si può ritirare?
5 dic 2025 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria Paulucci

In un mercato dei consumi e del credito in tumultuosa evoluzione, una domanda si insinua spesso fra i consumatori: si può ritirare una richiesta di prestito personale o finalizzato? La risposta, per le vie brevi, è: sì. Ma con alcune specifiche, connesse allo stato della pratica. Vediamole nel dettaglio, per capire quali margini si hanno e che cosa si può fare.
Prima dell’approvazione non sono previsti vincoli
Se la società bancaria o finanziaria non ha ancora elaborato la pratica e, perciò, non ha ancora preso una decisione in merito, il consumatore può ritirare la sua richiesta senza costi e senza dover dare spiegazioni. In questa fase, siamo più o meno ancora all’avvio dell’istruttoria: basta quindi far sapere al creditore che si vuole, per l’appunto, annullare la domanda.
Ovviamente, non lo si fa a voce o per telefono: bisogna mettere sempre l’intenzione per iscritto e farla pervenire in questa modalità. La trasmissione può avvenire via e-mail, via posta elettronica certificata (pec) o per lettera raccomandata: dipende dalle indicazioni dell’istituto di credito in questione.
Prima dell’erogazione, si può ancora stoppare tutto?
Se il finanziamento ha superato lo scoglio dell’approvazione ma non è ancora stato erogato, c’è ancora margine per fare dietrofront.
Però, c’è una precisazione da fare. A questo punto, infatti, si profilano due scenari:
- prima della firma del contratto, la richiesta si può ritirare;
- dopo la firma del contratto, c’è il recesso.
Come spiega la Banca d’Italia, entro 14 giorni dalla data della firma, il consumatore può recedere dal contratto inviando una comunicazione al finanziatore, in base alle modalità da questo previste. E non è tenuto a dare alcuna motivazione.
E dopo che il prestito viene erogato? Occhio ai tempi
Se nel frattempo il consumatore ha ricevuto il finanziamento, anche solo in parte, entro 30 giorni dalla comunicazione del recesso è tenuto a restituire la somma e a versare gli interessi maturati fino al rimborso. La società bancaria o finanziaria non può, invece, applicare penali.
“Recedere dal contratto di credito”, spiega ancora la Banca d’Italia, “significa recedere anche dai servizi accessori connessi, forniti dal finanziatore o da terzi, a meno che questi ultimi non provino che forniscono i servizi in via autonoma, cioè al di fuori di un accordo con il finanziatore”.
Trascorso il termine per il recesso, cosa si può fare?
L’unica strada percorribile in questo caso è l’estinzione anticipata del finanziamento, che può essere parziale o totale.
Prestito finalizzato: cosa succede se si annulla l’acquisto
Come avviene per i prestiti personali, anche nei prestiti finalizzati il consumatore può recedere dal contratto entro 14 giorni dalla firma, informando la banca o finanziaria senza l’obbligo di fornire motivazioni di sorta.
Se nel frattempo la somma pattuita è arrivata, in tutto o in parte, allora va restituita entro 30 giorni dalla comunicazione del recesso, insieme agli interessi maturati fino al rimborso.
Va poi ricordato un aspetto spesso sottovalutato: se il venditore non consegna il bene acquistato o non fornisce il servizio pattuito – cioè, in caso di inadempienza grave – dopo averlo messo in mora il debitore può chiedere alla banca o alla finanziaria lo scioglimento del prestito collegato. In queste circostanze, l’istituto di credito deve restituire le somme già versate.
Infine, come le altre forme di finanziamento, dal prestito personale alla cessione del quinto, anche il prestito finalizzato può essere estinto anticipatamente.
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