L’inflazione percepita supera (di molto) quella reale
15 mag 2025 | 2 min di lettura
C’è un’inflazione reale e una percepita. Entrambe fanno danni. Sì, perché l’idea degli aumenti - anche se non è corretta - orienta i comportamenti e i consumi.
Secondo i rilievi di Noto Sondaggi per Il Sole 24 Ore, gli italiani percepiscono un’inflazione del 9,9%. Praticamente 5 volte quella reale, che ad aprile, su base annua, si è fermata al 2%.
Percezione contro realtà
Mai il divario era stato così ampio: in un sondaggio analogo dell’ottobre 2023, la distanza tra percezione e realtà non raggiungeva i 6 punti. Ma allora l’inflazione era un problema molto consistente, visto che il tasso era al 5,3%.
Oggi, invece, la situazione sul fronte dei prezzi è decisamente migliorata. Ma gli italiani continuano ad avvertire il peso dei rincari. Forse perché provati dagli aumenti di lungo periodo.
Energia e alimentari
I rincari percepiti in modo più massiccio sono quelli relativi alle bollette e ai carburanti. Secondo gli italiani, questi beni sono aumentati del 16,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La realtà è ben diversa, con un tasso inflazionistico del 5%. Alto, ma non così alto.
Lontane sono anche percezione (+13,1%) e realtà (+3,2%) che riguardano i beni alimentari. La distorsione si deve probabilmente al fatto che cibo ed energia sono le voci che più incidono sul budget familiare. Ma il divario è ampio anche per l’abbigliamento e le calzature (0,8% reale contro 9,7% percepito), i servizi ricettivi (12,3% contro 3,8%), i beni e servizi per la persona (+10,4% contro 2,6%).
Le conseguenze della distorsione
Il problema è che la percezione ha delle conseguenze. Anche se lontana dalla realtà, condiziona le scelte di consumo: si compra meno, si sottoscrivono meno prestiti, si risparmia quando possibile.
Il 46% degli intervistati, infatti, afferma di aver ridotto i propri consumi negli ultimi sei mesi. In parte a causa di risorse erose dagli ultimi anni di aumenti, in parte da una percezione distorta che non incoraggia certo a spendere.
Le famiglie tagliano prima di tutto le spese per ristorazione, tempo libero e abbigliamento. E riducono la presenza nel carrello della spesa di pesce, frutti di mare, vino, marmellate o miele.
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