Resi e sostenibilità: cosa sono disposti a fare gli utenti?

Resi e sostenibilità: cosa sono disposti a fare gli utenti?

L'impatto sull'ambiente potrebbe modificare le abitudini

Pubblicato il 5 maggio 2023

L'e-commerce è ormai la norma per decine di milioni di italiani. Avere a portata di clic un prodotto, però, non basta più. Il prezzo e l'ampiezza dell'offerta restano fattori decisivi, ai quali si affiancano le caratteristiche del servizio, come la possibilità di sottoscrivere micro prestiti o come i resi gratuiti.

Questi ultimi, in particolare, sono diventati uno standard del settore. Tuttavia, sottolinea un report Packlink e Retail Economics, “rischiano di diventare una proposta molto meno comune, poiché i rivenditori cercano di recuperare i costi”. I resi, infatti, incidono in maniera consistente, anche perché il loro tasso per gli acquisti online raggiunge il 30%, contro il 10% in negozio.

Il problema dei resi gratuiti

I resi gratuiti online hanno senza dubbio il pregio di incentivare i clienti, ma il loro tasso è talmente elevato che, di fatto, rendono gli acquisti una prova piuttosto che una decisione. Il cosiddetto "bracketing" (che consiste nell'ordinare più varianti dello stesso articolo) è diventata una pratica comune, in particolare per l'abbigliamento.

I resi, però, sono più costosi e complessi da gestire rispetto alla logistica in uscita, in quanto comportano una problematica reintegrazione dei prodotti nella catena di fornitura, la valutazione delle condizioni di rivendita e l’elaborazione dei rimborsi. Tradotto: la gestione di un reso online costa in media ai rivenditori circa un quinto del valore dell'ordine originale, intaccando i margini già messi a dura prova dall'aumento dei costi di manodopera, logistica e altri costi operativi.

Per far fronte a questa situazione, moltissimi rivenditori hanno già iniziato ad aggiungere supplementi ai resi online in alcuni mercati per compensare i costi e scoraggiare i "restitutori seriali", mentre altri sono pronti a seguirne l'esempio.

Consumatori

Le esigenze dei rivenditori cozzano con le abitudini degli utenti. Più di tre acquirenti su quattro ritiengono infatti che i resi dovrebbero essere sempre gratuiti. I più giovani sembrano però più aperti al cambiamento, grazie alla consapevolezza che il traffico dei resi pesa sull'ambiente. Il 39% della Gen Z afferma che prenderebbe in considerazione la possibilità di pagare i resi, contro il 22% dei Boomer.

“I rivenditori – spiega il report - devono quindi trovare un attento equilibrio con le spese di reso: devono scoraggiare i resi eccessivi senza però mettere a repentaglio le vendite o perdere clienti a favore della concorrenza”.

Spedizioni sostenibili

Come accennato, il tema dei resi e - più in generale - quello delle spedizioni sono legati alla questione sostenibilità. Solo il 18% dei rivenditori considera però l'impatto sull'ambiente una priorità strategica. I clienti non vogliono saperne di pagare qualcosa in più: solo il 7% afferma di essere disposto a sborsare un extra pur di compensare le emissioni. C'è però una fascia ampia disposta a cambiare le proprie abitudini per essere più sostenibile: il 38% accetterebbe tempi di consegna più lunghi e il 34% il ritiro “fuori casa”.

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Il profilo dell'autore

Paolo Fiore, giornalista professionista e leccese in trasferta: Bologna, Roma, New York, Milano. Dopo la Scuola di giornalismo Walter Tobagi, ha scritto per Affaritaliani, MF-Milano Finanza, l'Espresso, Startupitalia e Skytg24.it. Si occupa di economia e innovazione per Agi, FocuSicilia e collabora con il gruppo Rcs.

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