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I cattivi pagatori zavorrano le banche che rischiano grosso

30 nov 2012 | 3 min di lettura | Pubblicato da Franco C.

Situazione a rischio per molte banche a causa dei cattivi prestiti

I titoli tossici cinque anni fa, l’esposizione ai debiti sovrani di paesi in difficoltà l'anno scorso, ora le perdite sui crediti: c'è sempre qualche minaccia che incombe sulla stabilità del sistema bancario di casa nostra. In questo momento la zavorra che, dicono gli esperti, immobilizza i banchieri è quella dei prestiti cattivi, un fardello enorme di crediti deteriorati lordi che, secondo i calcoli dell'Ufficio Ricerche e Studi di Mediobanca ammonta a 166 miliardi di euro solo per quanto riguarda le prime quattro banche nostrane: se allarghiamo il novero degli istituti prendendo in considerazione le prime nove banche italiane, le sofferenze arrivano a toccare i 190 miliardi con un aumento che, negli ultimi sei anni, ha toccato una percentuale del 164%.

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Nel paniere c'è un po' di tutto, dalle sofferenze, che sono le più problematiche, alle esposizioni ristrutturate e scadute passando attraverso gli incagli Unicredit, a settembre ha toccato 80,4 miliardi, Intesa Sanpaolo ne ha 47,5 miliardi, Monte Paschi ha crediti dubbi per 28,2 miliardi, Ubi per 10,3 miliardi. A preoccupare di più è l'accumulo continuo di questi prestiti cattivi: ogni trimestre, dicono gli addetti ai lavori, continuano ad aumentare le rettifiche e gli accantonamenti sui crediti: solo negli ultimi tre mesi l'aumento è stato del 5%, il 17% su base annua. E dopo due anni e oltre, dice Mediobanca, quel che è peggio è che non si vede ancora la fine di questa crescita esplosiva.

In questo momento in Italia il volume dei prestiti è decisamente superiore al volume dei depositi: 2.340 miliardi di euro contro 2.860 miliardi di crediti. Questo vuol dire che gli impieghi sono superiori del 22% alla raccolta, cioè che esistono 500 miliardi di euro di prestiti che le banche non riescono a finanziare coi risparmi depositati. Una cosa che non sarebbe un problema in tempi normali ma che in periodi di recessione dura come questo (la più lunga nella storia della Repubblica italiana, visto che siamo al sesto trimestre consecutivo di recessione) pesa più che nel passato, quando veniva compensato emettendo bond o contraendo prestiti alle altre banche. La massa dei crediti dubbi cresce, mettono in guardia gli esperti  ora ha toccato l’85% dei mezzi propri delle banche: più del doppio di quello che succede in Europa, che viaggia sul 40%, e niente a che vedere con la Scandinavia, al 15%. Una situazione senza uscita? Non proprio. Mediobanca ipotizza un progetto di “bad bank” che si accolla i crediti dubbi. Il progetto però non è specificato, forse perché la questione a quel  punto diventa politica. Una soluzione parziale potrebbe essere quella di vendere stock di crediti in sofferenza a degli investitori che siano specializzati nel recupero: ormai, dicono gli esperti, investire in bund o altre asset class non fa più guadagnare, per cui in giro per il mondo molti investitori considerano interessante un mercato come quello dei crediti deteriorati, che vengono acquistati a prezzi svalutati e, gestiti adeguatamente, forniscono lauti guadagni. Secondo Pwc, in Europa tra il 2011 e i primi sei mesi del 2012 gli istituti bancari hanno venduto, ricomprati, 62,6 miliardi di crediti deteriorati.

di Franco Canevesio

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