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Tasse universitarie: Italia divisa in due da Isee e no tax area

24 set 2024 | 4 min di lettura | Pubblicato da Rosaria B.

Differenze con gli altri paesi europei

Ogni anno in questo periodo, le città universitarie tornano ad accogliere gli studenti per l’avvio del nuovo anno accademico. Periodicamente si torna a parlare del caro affitti per quelli fuori sede. Un’indagine condotta dall’Unione degli universitari (Udu) ha fatto emergere però un altro tema che colpisce tutta la popolazione studentesca, ossia il costo per poter accedere all’istruzione accademica.

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Rispetto a molti paesi d’Europa tale importo è decisamente più elevato e richiede da parte della famiglie uno sforzo economico importante, sostenuto sia attraverso forme di risparmio, sia attraverso il ricorso a prestiti personali o prestiti per studio.

Italia bocciata nel confronto con il resto d’Europa

Per le famiglie italiane l’iscrizione di un figlio all’Università comporta diversi costi anche quando si sceglie di restare a studiare nella città in cui si è residenti.

La ricerca ha dimostrato come, in Italia, la tassa media per gli studenti iscritti agli atenei pubblici oscilli tra i 900 e i 1.000 euro, mentre per gli atenei privati si arriva a una media di 3.408 euro annui. L’importo sale ulteriormente se si decide di proseguire gli studi e frequentare un master presso un ateneo pubblico: le tasse richieste ammontano in media a 3.543 euro all’anno.

La ricerca sottolinea come il tema venga affrontato in modo diverso dai nostri “vicini di casa”: in Germania non ci sono tasse universitarie, ma solo contributi semestrali tra 100 e 350 euro, trasporti pubblici inclusi. In Francia, secondo il report, le tasse vanno da 170 per una laurea triennale a 380 euro per un dottorato. In Spagna i costi possono variare molto: conseguire la laura triennale può costare tra 150 e 3.500 euro all’anno e un master tra 300 e 3.500 euro. In Svezia, Danimarca e Finlandia, laurea e master sono gratuiti. Nel Regno Unito, le tasse possono arrivare fino a 9.250 sterline in Inghilterra, mentre in Scozia gli studi universitari sono gratuiti per gli studenti locali. Nei Paesi Bassi, infine, le tasse vanno da 700 a 2.100 euro all’anno.

Aumenta il ricorso all’esonero parziale e totale

La ricerca evidenzia inoltre enormi divari territoriali nella tassazione media tra gli atenei italiani. Si passa da una tassa media per iscritto pari a 400-500 euro per Sassari, Foggia, Napoli Orientale e Calabria fino a un massimo di 1400-1600 euro per Insubria, Politecnico di Milano e i due atenei di Venezia. L’ateneo con il gettito più alto percepisce una tassa media che è superiore di tre volte e mezzo quella dell’ateneo con il gettito più basso.

L’enorme differenza emerge anche quando si osserva il numero degli studenti totalmente esonerati dal pagamento delle tasse: come si legge nel report, “si passa da atenei che vedono solo uno studente su cinque non pagare alcun contributo omnicomprensivo ad atenei che vedono oltre la metà degli studenti non pagare il contributo omnicomprensivo”.

Dal 2017, inoltre, c'è stato un aumento costante degli studenti esonerati totalmente o parzialmente. La crisi pandemica ed economica degli ultimi anni ha probabilmente contribuito a questo aumento, influenzando negativamente i redditi familiari; inoltre alcuni atenei hanno autonomamente innalzato la propria no tax area, fino anche a 30mila euro. L’esonero nazionale preveda l’applicazione di criteri di merito, mentre alcuni atenei (es. Pavia e Milano) hanno scelto di non applicarli.

Per l'anno accademico 2022/2023, su 1.909.360 studenti, 600.828 sono stati esonerati completamente (31%), di cui 572.703 negli atenei statali e 28.125 negli atenei non statali. Inoltre, 237.456 studenti (13%) sono stati esonerati parzialmente, con 206.696 negli atenei pubblici e 30.760 negli atenei privati.

Al Sud maggior ricorso al calcolo dell’Isee per tagliare le tasse

La tassazione universitaria in Italia varia significativamente in base all'Isee, l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente. Sebbene i valori medi di tassazione, i livelli di no tax area e la percentuale di studenti esonerati siano uguali, non riflettono completamente la progressività della tassazione, ovvero quanto pagano gli studenti con diversi livelli di Isee.

I dati raccolti dalla ricerca mostrano ancora una volta un’Italia divisa: nelle province del Sud come Crotone, Napoli e Caserta, una percentuale molto alta di famiglie richiede il calcolo dell'Isee (oltre il 66%), indicando redditi familiari più bassi. Al contrario, nel Nord, province come Verbano-Cusio-Ossola, Como e Sondrio vedono una percentuale molto bassa di richieste di Isee (circa il 25%), suggerendo redditi più alti.

Oltre all’Isee medio, la differenza nel gettito tra Nord e Sud è influenzata anche dai diversi modelli contributivi e, nello specifico, dalle diverse forme di progressività adottate dagli atenei. Gli atenei del Nord Italia tendono ad avere una progressività molto spiccata con massimali elevati, anche intorno agli 80 mila e 90.000 euro Isee. In questo senso, gli atenei del Nord Italia tendono a scaricare il peso della contribuzione sulle fasce più alte mentre gli atenei del Centro-Sud non possono farlo nella stessa misura. In pratica, come sottolinea il report, “l’effetto paradossale è che, su alcuni atenei, a chi detiene un Isee medio-basso potrebbe convenire studiare in alcune università nel Nord Italia, potendo pagare di un contributo minore”.

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