Si lavora meglio, si riceve meno: gli stipendi in Italia
3 dic 2024 | 2 min di lettura | Pubblicato da Paolo F.

I salari reali sono diminuiti: il loro calo è stato dell’8% negli ultimi 10 anni. In alcuni settori sono crollati: il potere d’acquisto è diminuito dell’11,4% nel terziario e addirittura del 15% nel commercio. È quanto emerge da una ricerca della Uiltucs, il sindacato Uil del settore terziario, che ha rielaborato dati di Istat ed Eurostat.
Il confronto con gli altri Paesi
Vuol dire, in sostanza, che le nostre buste paga sono cresciute molto meno dell’inflazione. Con il risultato che oggi le retribuzioni permettono di comprare molte meno cose rispetto al 2014, condizionando i consumi e i prestiti.
L’Italia è un’eccezione nel panorama europeo. Negli altri Paesi analizzati (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Spagna, Svezia) i salari reali nell’ultimo decennio sono aumentati, con un progresso che va dal 2% al 15%.
A livello nominale (cioè la cifra in euro) va poco meglio: l’Italia è al penultimo posto tra gli 8 Paesi considerati, con un valore di poco superiore ai 30.000 euro annui, quando il range dei 7 “vicini di casa” che ci stanno davanti va dai 41.000 ai 62.000 euro.
La produttività non viene premiata
Uiltucs sottolinea poi un paradosso. Mentre gli stipendi hanno penalizzato i lavoratori, la produttività è aumentata, in media del 3,2%. È cresciuta in tutti i settori, con l’eccezione dell’agricoltura.
Nei servizi (che comprendono commercio, turismo, trasporti e logistica) l’aumento è stato del 7,8%. Se si considera il solo commercio (uno dei più penalizzati in termini di salari reali) l’incremento arriva al 16,3%. Per dirla in parole povere: la maggiore efficienza non viene ripagata. Eppure, spiega ancora il sindacato, tra il 2015 e il 2021 il Mol (Margine operativo lordo) delle imprese è cresciuto nel commercio del 44,9%, mentre gli investimenti sono praticamente fermi (+1,6%).
“Da questi dati relativi al settore del commercio – commenta il segretario generale Uiltucs Paolo Andreani – si può dedurre che, nonostante la pandemia e le sue conseguenze, le imprese hanno accumulato utili enormi. Quasi nulla di questi utili è stato reinvestito”.
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