Prestiti per lo studio: in Italia aumentano, ma sono ancora pochi

Prestiti per lo studio: in Italia aumentano, ma sono ancora pochi

Si stanno facendo strada però nuove formule

Pubblicato il 26 agosto 2022

Negli Stati Uniti è una prassi, in Italia non ancora. Sta però conquistando spazio il cosiddetto “prestito d'onore”. Gli studenti richiedono e ottengono le risorse necessarie per poter frequentare l'università e le ripagano negli anni successivi.

I numeri in Italia

Secondo la società Habacus, tra il 2019 e il 2021 le certificazioni di merito legate al prestito d'onore sono state 20mila. La maggior parte delle richieste (sette su dieci) riguarda l'università, ma non mancano anche Its e corsi Afam.

Il 15% del totale viene presentato da studenti che frequentano atenei o altre istituzioni di Milano. E proprio sul capoluogo lombardo ha raccolto i dati LaRepubblica: all’università Statale, dove ci sono circa 60mila studenti e 12mila matricole l'anno, i prestiti d'onore nell'anno 2020/2021 sono stati appena 120. Al Politecnico le domande sono state 554, alla Bocconi 358. Alla Cattolica, dove l'università si fa garante con le banche, dal 2004 sono state aperte linee di credito per 13 milioni.

Pochi prestiti: è un bene o un male?

Il ricorso ai prestiti per poter concludere il percorso di studi è in aumento, ma resta comunque una strada poco battuta. Nulla a che vedere con il 25-40% che si riscontra nei Paesi dove la quota è più alta.

La questione è aperta. Da un lato c'è il rischio di un indebitamento precoce, che rischia di condizionare le future scelte degli studenti. Dall'altro c'è un tasso di laureati che in Italia resta molto basso. Ci sono, è vero, le borse di studio, ma spettano a studenti provenienti da famiglie con un reddito molto basso. Molti figli della classe media vengono quindi tagliati fuori.

Prima lavori, poi paghi

Si stanno facendo strada però nuove formule, per cercare di offrire supporto economico senza gravare sul futuro. Stanno nascendo anche in Italia, infatti, i cosiddetti “Income Sharing Agreement”, già molto diffusi negli Stati Uniti: si tratta di accordi secondo i quali le rate del prestito non sono fisse ma calcolate come percentuale della busta paga. In sostanza, lo studente restituirà quanto dovuto in proporzione alle proprie disponibilità economiche e solo quando avrà un lavoro.

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Il profilo dell'autore

Paolo Fiore, giornalista professionista e leccese in trasferta: Bologna, Roma, New York, Milano. Dopo la Scuola di giornalismo Walter Tobagi, ha scritto per Affaritaliani, MF-Milano Finanza, l'Espresso, Startupitalia e Skytg24.it. Si occupa di economia e innovazione per Agi, FocuSicilia e collabora con il gruppo Rcs.

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