Perché gli stipendi aumentano ma il potere d’acquisto cala?
8 ago 2023 | 2 min di lettura | Pubblicato da Paolo F.
Ecco la motivazione di Istat
L’inflazione rallenta e gli stipendi aumentano. Ma non basta. Nei primi sei mesi dell’anno, afferma l’Istat, “la distanza tra la dinamica dei prezzi e quella delle retribuzioni supera ancora i sei punti percentuali”.
Tradotto: anche se hanno trovato qualche euro in più in busta paga, i lavoratori hanno continuato a perdere potere d’acquisto. A parità di spesa, si compra meno.
Inflazione e stipendi
Da una parte c’è un’inflazione in “netta decelerazione” (per usare le parole dell’Istat). A giugno, il tasso anno su anno è stato del 6,4%, contro il 7,6% registrato a maggio. Il punto di partenza è però talmente elevato che, nonostante la frenata, l’incremento dei prezzi resta abbondantemente oltre i livelli di guardia a tal punto da neutralizzare un’altra tendenza positiva: “La dinamica tendenziale delle retribuzioni contrattuali - spiega sempre l’Istat - continua a mostrare un progressivo rafforzamento”. A giugno 2023 la crescita su base annua è stata del 3,1%. Non si registrava un progresso così marcato da novembre 2009.
Il comparto pubblico - che beneficia dell’applicazione degli incrementi relativi ai rinnovi del triennio 2019-2021 siglati a partire da maggio 2022 - è quello che registra l’incremento più alto (4,4%).
Due mezze buone notizie
Ci sono quindi due (mezze) buone notizie. L’inflazione cala ma partendo da un livello allarmante. E le retribuzioni aumentano, ma partendo da un livello che, negli ultimi anni, non è cresciuto a sufficienza. Gli stipendi (un po’) più alti contribuiscono ad alleviare la pressione sulle famiglie, ma il potere d’acquisto continua a comprimersi. Vuol dire che, nonostante incassino formalmente di più, di fatto hanno sempre meno budget e contraggono prestiti per far fronte alle spese.
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