Oltre la banca: i prestiti alternativi alle Pmi

Oltre la banca: i prestiti alternativi alle Pmi

Ecco perché il fenomeno sta crescendo sempre di più

Pubblicato il 21 ottobre 2021

Per richiedere un prestito non si va solo in banca. È una tendenza che si sta rafforzando, come dimostrano i dati dell'Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt (Aifi). Nei primi sei mesi del 2021 siano arrivati nelle casse delle Pmi italiane prestiti per 3,4 miliardi di euro, erogati da soggetti non bancari.

Si tratta di canali che non sostituiscono ma affiancano quello bancario, che risulta (di gran lunga) maggioritario. Ma quali sono?

I fondi di investimento

I fondi di private debt – che si caratterizzano per eseguire l’acquisto di minibond o per finanziare direttamente le piccole e medie imprese italiane – nel primo semestre del 2021 hanno realizzato investimenti con numeri da record, per un importo di 769 milioni di euro.

La cifra è più alta non solo del 2020 ma anche dell’epoca pre-Covid. Le aziende finanziate nei primi sei mesi dell’anno sono state 356.

Il crowdfunding

Nel panorama delle forme di investimento per le piccole e medie imprese, oltre ai fondi di private debt, sta guadagnando spazio il crowdfunding: gli investitori si aggregano tramite piattaforme digitali e prestano denaro, a fronte di interessi, a imprese che lo destineranno a progetti di crescita aziendale.

Ad essi si accompagnano i crediti concessi alle Pmi da fintech, gli ExtraMOT, i distressed debt e i basket bond.

Che cosa cambia e perché

I dati dimostrano che le piccole e medie imprese, in epoca post Covid, hanno voglia di ripartire e che il private debt è davvero pronto a dare una risposta a questo desiderio.

Il fenomeno, specie in Italia dove il canale bancario è stato a lungo l'unico percorribile, segna un cambio di rotta rispetto al passato: i prestiti non vengono più erogati solo dagli istituti di credito tradizionali, ma coinvolgono i privati in misura maggiore.

Tra le cause del fenomeno il fatto che le banche, anche per via di una regolamentazione che negli anni si è resa sempre più stringente, non erogano più credito con la stessa facilità di qualche anno fa.

Nelle imprese, inoltre, è aumentata la cultura finanziaria e così sempre più aziende cercano alternative, anche grazie al successo (e alla maggiore accessibilità) di strumenti come i minibond. L'altra motivazione riguarda i tassi di interesse dei private debt che sono solitamente più leggeri rispetto a quelli che applicano gli istituti di credito per i classici prestiti. 

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Il profilo dell'autore

Paolo Fiore, giornalista professionista e leccese in trasferta: Bologna, Roma, New York, Milano. Dopo la Scuola di giornalismo Walter Tobagi, ha scritto per Affaritaliani, MF-Milano Finanza, l'Espresso, Startupitalia e Skytg24.it. Si occupa di economia e innovazione per Agi, FocuSicilia e collabora con il gruppo Rcs.

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