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Prestiti, ecco il rating

19 ott 2018 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria Paulucci

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Ultimamente si fa un gran parlare di rating, in riferimento alle apposite agenzie internazionali che monitorano l’affidabilità creditizia e la solvibilità di un Paese. Ma quanti sanno che chiunque voglia un finanziamento riceve un “rating”, sulla base del quale il potenziale creditore decide se concedere o no il prestito e a quale costo? Sì, esatto, anche noi comuni debitori. La fondamentale differenza tra noi e chi – come per esempio il dipartimento del Tesoro di uno Stato – emette obbligazioni sta nelle modalità con cui si ottiene il prestito: noi non lo facciamo attraverso una raccolta di capitali presso gli investitori ma, più semplicemente, bussando alla porta di banche o società finanziarie. Cambia poco, comunque: sempre di un finanziamento si tratta. E come l’emittente di un’obbligazione (debitore) remunera l’investitore (creditore) che sottoscrive la sua obbligazione tramite un rendimento, così noi corrispondiamo alla banca o alla finanziaria che ci ha fatto il prestito un interesse, incluso nel rimborso rateale.

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Ora, rendimento e interesse sono tanto più bassi quanto più solido e robusto è il debitore. E l’indicazione a riguardo arriva dalla valutazione del suo merito creditizio. Ma chi è che effettua questa valutazione su noi comuni debitori? Prestate grande attenzione: la fa la stessa società bancaria o finanziaria alla quale ci rivolgiamo per avere il prestito, prima di concludere il contratto di finanziamento o di concederci un incremento più o meno rilevante dell’importo che abbiamo già ottenuto. Badate bene, non è un vezzo o un modo per vessarci: il creditore è obbligato a esaminare la capacità di rimborso del consumatore che lo ha contattato, per tutelarsi ma anche per tutelarlo sincerandosi che non vada a contrarre un debito al quale poi faticherà a far fronte. Ma com’è che si calcola il nostro “rating”? Ovvero, in altre parole, la nostra affidabilità creditizia? Ne abbiamo già parlato, se ricordate, ma un ripasso non fa mai male.

La società bancaria o finanziaria attinge sostanzialmente a due fonti: la prima siamo noi, che su richiesta della società forniamo informazioni circa la nostra situazione reddituale (entrate mensili, spese ricorrenti, eccetera); la seconda è la centrale dei rischi o un sistema di informazioni creditizie, dove sono registrati tutti i dati riguardanti i finanziamenti in corso o già conclusi. Ad alimentare queste banche dati sono le stesse società bancarie o finanziarie, che trasmettono i dati sui nuovi finanziamenti, sulla regolarità dei rimborsi e su eventuali ritardi e mancati pagamenti. Esaminando il quadro complessivo, il creditore decide se erogare il prestito e a che prezzo (maggiore è l’affidabilità creditizia, minore sarà l’interesse applicato al finanziamento) o se rigettare la richiesta. Come spiega la Banca d’Italia, “se la domanda di credito viene rifiutata sulla base della consultazione di una banca dati, il consumatore ha il diritto di esserne informato immediatamente e gratuitamente, con l’indicazione della banca dati e del risultato della consultazione”. Il consumatore può a sua volta consultare le informazioni presenti nel database e sapere chi lo segnala: se non sono corrette, può rivolgersi a chi lo ha segnalato o scrivere al gestore della banca dati.
 

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