Pmi e credito: cosa è cambiato dopo due anni di pandemia

Pmi e credito: cosa è cambiato dopo due anni di pandemia

Cambia la finalità per la quale si chiede un prestito

Pubblicato il 12 aprile 2022

La pandemia ha cambiato molte cose, alcune per qualche mese, altre in modo strutturale. Il credito delle Pmi non fa eccezione: dopo un 2020 in cui le imprese italiane hanno chiesto finanziamenti principalmente per affrontare l’emergenza, nel corso del 2021 le aziende hanno cominciato a pensare al futuro e a richiedere finanziamenti con importi maggiori per tornare a investire sulla crescita della propria attività. È quanto emerge dall'Osservatorio Piccole Imprese Italiane lanciato da Credimi.

Crescono gli importi richiesti

L'osservatorio conferma come il 2020 sia stato un anno di grande difficoltà e definisce il 2021 come un periodo “di assestamento, in cui le Pmi hanno cercato di rimettersi in piedi e tornare solide”. Lo scorso anno sono aumentati gli importi ipotizzati per il prossimo finanziamento: se nel 2020 solo il 7% delle imprese richiedeva cifre sopra i 100.000 euro, nel 2021 ben il 39% delle imprese ha dichiarato che la prossima richiesta supererà quella soglia.

Dall'emergenza alla crescita

Anche le motivazioni per richiedere un prestito cambiano radicalmente dal 2020 al 2021: diminuiscono quelle emergenziali e aumentano quelle di prospettiva.

Nel 2020 infatti il 42% delle imprese ha utilizzato i prestiti per coprire esigenze di liquidità e il 34% per pagare i fornitori. Invece nel 2021 solo il 30% delle imprese ha dichiarato che userà il prossimo finanziamento per la liquidità e il 28% per pagare i fornitori. Riguadagnano spazio, invece, i prestiti legati alla crescita: il rinnovo del magazzino (29%) l’implementazione dell’e-commerce (27%), nuove assunzioni (24%) e l’acquisto di macchinari e software (23%).

Cosa cercano le imprese

Che si stia uscendo da una fase d'emergenza lo confermano anche i fattori che guidano la scelta del finanziamento: resta invariata al primo posto l’importanza del tasso d’interesse (per il 64% delle imprese), al secondo posto, ma meno rilevante rispetto al 2020, la velocità di erogazione (dal 47% al 40%) e l’ammontare dell’importo (dal 42% al 35%), mentre aumentano l’importanza della durata del prestito (dal 33% al 38%) e della presenza di un consulente personale (dal 20% al 25%).

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Il profilo dell'autore

Paolo Fiore, giornalista professionista e leccese in trasferta: Bologna, Roma, New York, Milano. Dopo la Scuola di giornalismo Walter Tobagi, ha scritto per Affaritaliani, MF-Milano Finanza, l'Espresso, Startupitalia e Skytg24.it. Si occupa di economia e innovazione per Agi, FocuSicilia e collabora con il gruppo Rcs.

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