Le imprese prendono fiducia, le famiglie ancora no
10 apr 2024 | 2 min di lettura | Pubblicato da Paolo F.

Si tratta ancora di una situazione di incertezza
A marzo l'indice del clima di fiducia dei consumatori è diminuito da 97 a 96,5 punti, mentre l'indicatore del clima di fiducia delle imprese è salito da 95,9 a 97. Lo afferma l’Istat. Si tratta di dati meno “oggettivi” rispetto al Pil o all’inflazione, ma non per questo meno importanti. Ecco perché.
Perché misurare la fiducia
Il clima di fiducia suggerisce cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi. Se si rafforza indica ottimismo, lasciando prevedere maggiori investimenti e maggiori consumi, anche di medio lungo periodo, come nel caso dei prestiti.
Ma cosa vuol dire se i due indici vanno in direzioni opposte? Secondo Confcommercio, è la spia di una “situazione di incertezza”. “I movimenti al ribasso (delle famiglie) e al rialzo (delle imprese) - ha spiegato in una nota il direttore dell'Ufficio Studi Mariano Bella – sono sintesi di elementi in cui si confrontano percezioni di una situazione attuale non brillante e attese, non sempre univoche, di un contenuto miglioramento”. In altre parole: si intravedono schiarite, ma ci sono ancora tanti dubbi.
“Poteva andare peggio”
Sulla sfiducia delle famiglie “pesano i timori di un andamento meno favorevole del mercato del lavoro e l’attenuarsi del contributo positivo dato dal rapido rientro dell’inflazione”. La fiducia degli imprenditori, invece, registra “un generalizzato miglioramento”. Ma, spiega ancora Bella, “permangono importanti differenze tra i diversi segmenti produttivi”. In particolare, emergono segnali di pessimismo nel commercio tradizionale e nel turismo.
Il bilancio generale di Confcommercio è comunque positivo. Perché, mentre l’economia sta rallentando, la fiducia – al netto delle ombre – resiste. Le percezioni di imprese e famiglie “appaiono resilienti”. “In altre parole – conclude l’Ufficio Studi - poteva andare peggio”.
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