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Annullare il prestito: quando si può?

9 ago 2019 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria P.

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Siamo in pieno periodo estivo-vacanziero, alcuni sono ancora via e non pochi – Facile.it e Prestiti.it hanno stimato più di 72 milioni di euro erogati in prestiti per vacanze solamente nei primi cinque mesi dell’anno – hanno realizzato il loro piccolo o grande sogno di evasione con l’aiuto di un finanziamento. Ma se la vacanza dovesse pesantemente deluderci, costringendoci magari a tornare a casa prima e con il fiele in bocca, possiamo annullare il prestito?

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A questa domanda ha indirettamente risposto, non tantissimo tempo fa, la Corte di Cassazione con un’interessante sentenza civile. Andiamo a esporre i fatti. Un debitore è alle prese con il decreto ingiuntivo richiesto nei suoi confronti da una società bancaria. Decide di ricorrere al Tribunale invocando l’invalidità del contratto di finanziamento che è alla base dell’azione mossa dalla banca. Il Tribunale rigetta l’opposizione e conferma il decreto ingiuntivo. In ultimo, il debitore si rivolge alla Corte di Cassazione. La quale Corte, tutto quanto considerato, decide di rigettare il ricorso trovandolo privo di fondamento.

Ma qual era l’oggetto della contesa? In soldoni, l’uomo ha chiesto un finanziamento, che gli è stato concesso, per l’acquisto di una merce che poi non gli è stata consegnata. Insoddisfatto e contrariato, ha ritenuto per contro di non dover più pagare le rate per il rimborso del finanziamento, non essendo l’acquisto andato a buon fine. Poteva farlo? Secondo lui, sì. Secondo la banca e poi anche i giudici, no. Perché?

Per l’assenza di un collegamento fra il finanziamento concesso e il patto stretto tra l’acquirente-debitore e il rivenditore. La banca che ha fatto richiesta di decreto ingiuntivo è risultata infatti estranea al rapporto tra le due parti della compravendita. Il debitore ha contestato una serie di altre cose tecniche, sulle quali non ci soffermiamo perché esulano un po’ dalla questione che vogliamo mettere a fuoco. E cioè che, come abbiamo visto recentemente in riferimento a vicende di fallimenti di rivenditori di merci e servizi (https://www.prestiti.it/credito-consumi/prestiti-finalizzati-cosa-fare-se-il-rivenditore-fallisce), si profila la possibilità di annullare il finanziamento se per l’acquisto della merce o del servizio il debitore ha chiesto e ottenuto un prestito finalizzato.

Il prestito finalizzato, anche detto “credito collegato”, richiede che lo scopo del finanziamento sia ben specificato: un elettrodomestico, un’automobile, un particolare intervento medico oppure l’acquisto di una vacanza presso un’agenzia di viaggi. È così vincolato alla sua finalità che spesso lo si sottoscrive direttamente dal rivenditore, in virtù di una preesistente convenzione tra il creditore che lo eroga e lo stesso rivenditore.

In questo caso, tra finanziamento e vendita il collegamento è chiaro e lampante, essendo il primo stato appositamente ed esplicitamente concluso per rendere possibile la seconda. Ne consegue che il mancato adempimento del contratto di vendita rende annullabile il contratto di finanziamento.

Il consumatore può così rivolgersi alla finanziaria e chiedere la risoluzione del contratto di credito, posto che l’inadempienza del rivenditore sia stata grave. Se invece il finanziamento non è espressamente collegato all’obiettivo di spesa, allora la banca non va chiamata in causa e ha il diritto di vedersi rimborsare il finanziamento.

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