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Le banche dati del credito

22 mag 2012 | 3 min di lettura | Pubblicato da Andrea Paternostro

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Già note come “centrali rischi”, i sistemi di informazioni creditizie (Sic) sono banche dati - pubbliche o private - che conservano per determinati periodi di tempo la storia dei consumatori e dei loro rapporti con gli istituti di credito, per quanto riguarda i finanziamenti richiesti o concessi. Questi archivi sono nati per condividere le informazioni sui cattivi pagatori e quindi valutare la credibilità di chi si rivolge a una banca o finanziaria per chiedere un prestito o un mutuo. Le informazioni presenti al loro interno sono “neutre” o negative, queste ultime le più temute dai consumatori perché impediscono a chi è stato “segnalato” l’accesso a ulteriori possibilità di finanziamento, tranne nel caso della cessione del quinto.

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La legge 106/2011 ha accorciato il periodo di conservazione delle informazioni sui pagamenti in ritardo. Inoltre, le norme prevedono che “in caso di regolarizzazione dei pagamenti, le segnalazioni relative a ritardi di pagamenti da parte delle persone fisiche o giuridiche già inserite nelle banche dati devono essere cancellate entro cinque giorni lavorativi dalla comunicazione da parte dell'istituto di credito ricevente il pagamento” e che entro sette giorni le informazioni debbano essere estinte. Chi ha problemi con i pagamenti entra nel vortice della “riscossione coattiva”, l’insieme delle procedure di recupero crediti: dai solleciti fino al decreto ingiuntivo, l’atto tramite cui il giudice ordina di sanare la propria situazione.

Il decreto legislativo 141/2010, inoltre, prevede che il cliente debba essere informato dell’iscrizione nella banca dati, oltre a dover essere messo al corrente dell’eventuale rifiuto di una richiesta di finanziamento perché il suo nominativo è stato trovato in uno di questi archivi. La Banca d’Italia ha un registro che dal 2009 censisce le informazioni sui finanziamenti oltre 30mila euro. I Sic privati più importanti sono quello gestito da SIA-SSB (ex Società interbancaria per l’automazione) per le somme oltre 31.246 euro e inferiori a 75mila; sotto la prima soglia, quelli di Assilea, Cerved, Crif, Ctc, Expedian e Infocamere. Nel 2005 è stato introdotto il Codice di deontologia per i sistemi di informazioni creditizie (prima di esso i nominativi erano conservati per oltre cinque anni, ora il massimo è tre anni).

I tempi di conservazione delle informazioni nelle banche dati sono i seguenti. Se un cliente chiede un finanziamento senza poi concludere l’operazione, questa informazione (se richiesto dai documenti dell’istruttoria) resta in archivio per sei mesi; un mese per eventuali rifiuti o rinunce del cliente. I prestiti estinti, cioè conclusi, restano in memoria, ma non come informazione negativa, per 36 mesi dalla data di estinzione. Nei casi problematici invece, se il numero di rate non pagate è uguale o inferiore a due, si resterà “schedati” per 12 mesi a partire dal momento in cui si torna a regolarizzare, pagando, la propria posizione. Per un numero di rate superiore a due, invece, questo periodo viene raddoppiato: 24 mesi dalla regolarizzazione. Per gli eventi del tutto negativi, come le situazioni di morosità in cui il cliente non ha mai pagato, la “lista nera” durerà 36 mesi oltre a tutto il periodo del contratto di credito.

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