Gli italiani preferiscono i prestiti tradizionali

In Italia il peer to peer stenta

Non è attecchita in Italia la modalità di prestito in crowdfunding

Pubblicato il 25 novembre 2015

Non tutto il mondo è paese. Almeno non lo è nel settore dei prestiti personali, dove si verifica uno strano fenomeno che coinvolge il peer-to-peer lending, cioè l’offerta di credito senza intermediari, attuata online dagli investitori potenziali verso persone e imprese interessate a ottenere prestiti personali. Il fenomeno, che conosce una veloce quanto esponenziale espansione a livello globale, sembra stentare a prendere vigore in paesi come l'Italia. L'anno scorso, infatti, il volume delle  risorse scambiate col peer to peer è risultato pari a 11 miliardi di dollari, oltre due terzi di tutto il crowdfunding, il 100% in più, in media, rispetto al 2013, con punte del 140% in più negli Stati Uniti e in Europa e addirittura il 300% in più in Asia. Il fenomeno non sembra subire pause, anzi: anche per questo 2015 si prevede che il settore arriverà a toccare 34 miliardi di dollari, triplicando di fatto i volumi.

L'eccezione Italia. Questo nel resto del mondo. Non in Italia. Perché da noi il peer to peer è ancora agli inizi, con un valore stimato in 23 milioni di euro di progetti finanziati. Il dato emerge dalla ricerca “Peer-to-peer lending: mito o realtà?”, curata dal Crif e dalla Sda Bocconi. Lo studio mette in evidenza lo sviluppo avuto dal finanziamento lending based tra il 2007 e il 2014, con volumi che, in sette anni, sono cresciuti di oltre 40 volte e una percentuale di accettazione richieste passata dal 10% del 2007 al 15% del 2014. In sette anni, a livello globale, sono migliorati anche i tassi d'interesse applicati e la rischiosità dei prestiti personali erogati. Dal 2007 al 2014 è migliorata significativamente anche la qualità del credito che è stato erogato: le probabilità di default sono diminuite di molto, passando dal 18% del 2007 al 9% del 2014.

Italiani diffidenti. Se la situazione del peer-to-peer lending appare ottimistica a livello globale, l'Italia resta nel suo cono d'ombra: la propensione a ricorrere a questa modalità di crowdfuding è ancora modesta, anche se Crif e Bocconi evidenziano qualche timido segnale d'interesse. Lo scenario che viene fuori dalla ricerca è quello di un paese nel quale, perché questo fenomeno possa attecchire, dovrebbero cambiare radicalmente le relazioni tra persone sviluppate attraverso il web. E' che, rileva la ricerca, quando si tratta di soldi, gli italiani continuano a essere molto conservatori, improntati alla più grande prudenza. 

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Il profilo dell'autore

Franco Canevesio, nato a Genova, è un giornalista professionista la cui attività è principalmente focalizzata su temi di economia e borsa.

Ha lavorato a La Repubblica, nei primi anni ’90, dedicandosi alla cronaca e collaborando, nello stesso periodo, con diverse televisioni private liguri. Trasferitosi a Milano, ha lavorato come capo redattore di Italia-iNvest.com, il primo sito specializzato in economia in Italia. Franco Canevesio ha anche lavorato al sito di Giuseppe Turani “Lettera finanziaria”. Per ciò che concerne la carta stampata ha collaborato con La Repubblica – Affari & Finanza ed è stato redattore capo di Finanza e Mercati. Attualmente, lavora presso MF-Milano Finanza.

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