Anche Bankitalia lancia l’allarme spread

“L’evidenza basata sulle regolarità storiche indica che il costo del credito potrebbe risentire gradualmente di un rialzo dei rendimenti sovrani se questo si dimostrasse persistente”. Questa frase, contenuta nel bollettino economico della Banca d’Italia uscito a ottobre, risponde, seppure con toni molto tecnici, alla domanda: “cosa c’entrano i prestiti con lo spread?”.

Anche oggi, quindi, prendiamo spunto da una parola tornata molto in voga in questi mesi – spread – per mettere meglio a fuoco qualche informazione utile per chi vuole richiedere un prestito. Cominciamo col dire che il bollettino della Banca d’Italia si riferisce alla prima metà, o poco più, del 2018, quindi mancano tutti gli sviluppi delle ultime concitate settimane. Però qualche spunto interessante ci arriva lo stesso. Come, appunto, quello sulla relazione tra rendimento sovrano – offerto cioè dalle obbligazioni emesse dal nostro Stato – e costo del credito. Passo indietro. I governi, per finanziarsi, possono emettere obbligazioni e venderle agli investitori che, in cambio della scelta di comprarle, vengono ripagati con un rendimento. Questo rendimento è tanto più alto quanto più rischioso è considerato l’acquisto: un meccanismo al quale abbiamo fatto cenno nel nostro ultimo post (link: https://www.prestiti.it/credito-consumi/prestiti-a-ciascuno-il-suo-rating).

Aggiungiamo, per maggiore chiarezza, che lo spread è la spia del grado di rischio associato a un’emissione obbligazionaria (e della minore affidabilità attribuita a chi lo emette): si tratta del differenziale tra il rendimento del nostro BTP decennale e quello del Bund tedesco di pari durata. Torniamo al rendimento in sé: che, quindi, non è fisso ma può salire o scendere. Quando sale, penalizza chi ha comprato obbligazioni in precedenza, perché rende questi titoli meno appetibili rispetto alle nuove emissioni (più generose in termini appunto di rendimento) facendone abbassare il valore.

Ora, le banche italiane hanno molte obbligazioni governative in portafoglio e, quindi, non solo sono tra gli investitori penalizzati dal recente rialzo dei rendimenti, ma potrebbero essere ulteriormente penalizzate da rendimenti stabilmente alti. Sì, ma i prestiti cosa c’entrano? Ed eccoci arrivati al punto: c’entrano perché, come abbiamo detto tante volte, le banche ci offrono una serie di prodotti, fra i quali ci sono proprio i prestiti, e per far fronte a una situazione “sfidante” potrebbero aumentarne il costo.

In altre parole, i tassi di interesse applicati ai finanziamenti potrebbero diventare più alti (link: https://www.prestiti.it/news/spread-e-prestiti-personali.html). Ma stiamo parlando di una eventualità futura: nei mesi presi in esame, secondo la Banca d’Italia, “il costo del credito alle famiglie rimane su valori molto bassi nel confronto storico”. Il credito erogato alle famiglie è cresciuto moderatamente, sostenuto da una contenuta espansione della domanda che ha interessato anche il credito al consumo. Nel secondo trimestre del 2018, in particolare, il debito delle famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile è aumentato al 61,4% dal 61,1% di fine marzo, comunque ben al di sotto della media dell’area euro (94,9%). In rapporto al Prodotto Interno Lordo, è cresciuto dal 40,8% al 41,1%, rispetto al 57,8% nell’eurozona. L’incidenza sul reddito disponibile degli oneri dei finanziamenti – spesa per interessi e restituzione del capitale – si è portata al 9,8% dal 9,7% di marzo.

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Il profilo dell'autore

Credito e Consumi
blog di Maria Paulucci

Nata a Rieti, gli studi universitari a Roma, a Milano dal 2006. Dal 2007 al 2011 ha lavorato in Class CNBC, canale televisivo di economia e finanza del gruppo Class Editori. Nell'agosto del 2011 si è unita alla squadra di Blue Financial Communication. A dicembre 2017 è iniziata la sua esperienza in AdviseOnly.

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