Rinegoziare il prestito

Iniziamo dalle buone notizie: secondo il periodico rapporto dell’Associazione bancaria italiana (Abi), ad agosto le banche che operano in Italia hanno erogato prestiti per 1.825 miliardi di euro, un dato in crescita rispetto ai 1.673 miliardi di fine 2007, ovvero prima dell’esordio della crisi economica. Per quanto riguarda i finanziamenti alle famiglie, nei primi sette mesi del 2015 le nuove operazioni di credito al consumo hanno registrato un aumento pari al +24,3%. Più interessante il dato sui mutui, che, considerato lo stesso arco temporale, ha portato a casa un incremento del +82,2% in confronto al medesimo periodo dell’anno passato. Un ruolo importante lo ha giocato la surroga, ossia la portabilità del mutuo introdotta dalla legge Bersani del 2007, che consente di trasferire il mutuo senza costi a un’altra banca rivedendo durata e tasso, ma non ovviamente l’ammontare del debito residuo.

Il rapporto dell’Abi introduce un tema interessante, ovvero quello del piano B in caso di difficoltà nel rimborso del finanziamento. Abbiamo già detto dei mutui: ma per i prestiti personali la surroga è contemplata? Ebbene, no: non è prevista. In compenso, se si ha difficoltà a rispettare il piano di rientro, si può rinegoziare o consolidare il finanziamento. La rinegoziazione consente di ridefinire le condizioni del contratto di finanziamento: alla base c’è un accordo tra le parti che hanno sottoscritto il contratto iniziale, ossia la società creditizia – banca o finanziaria – e il cliente che ha ricevuto il prestito. Come funziona? Anche la rinegoziazione, come la surroga, è stata introdotta dalla legge Bersani. E risponde alla stessa logica: quella, cioè, della tutela dei consumatori. In questo quadro, un cliente che per vari motivi – uno dei più tipici è il calo o la perdita dell’attività lavorativa – sia in affanno nel rispettare il piano di rientro, può proporre la revisione di alcune condizioni del contratto. Per esempio, del tasso di interesse o dell’importo delle rate.

In genere, l’istituto di credito ha tutto l’interesse ad accettare la proposta, perché solo così può avere la garanzia di vedere rispettare le scadenze della restituzione. Il risultato è che quando la banca o la finanziaria accettano la domanda, l’importo delle rate scende. Per contro, sale la durata del prestito. L’operazione di rinegoziazione del prestito non ha costi e può essere portata a termine senza la presenza del notaio. Cosa succede, invece, se oggetto della revisione non è un prestito solo ma un insieme di prestiti, contratti magari presso società diverse?In un caso come questo, come abbiamo avuto modo di segnalare in altre occasioni su questo blog, può intervenire un’altra procedura, che è quella di consolidamento dei prestiti. Anche se le rate, singolarmente considerate, sono sostenibili, la loro somma può pesare – e molto – sul bilancio familiare mensile. Ecco allora che il debitore può chiedere a una delle società dalle quali ha ricevuto i prestiti o a una società diversa un finanziamento che consenta di estinguere i debiti in corso sostituendoli con uno unico, rimborsabile con una sola rata più bassa e sostenibile, e tramite un piano di rientro più lungo.

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Il profilo dell'autore

Credito e Consumi
blog di Maria Paulucci

Nata a Rieti, gli studi universitari a Roma, a Milano dal 2006. Dal 2007 al 2011 ha lavorato in Class CNBC, canale televisivo di economia e finanza del gruppo Class Editori. Nell'agosto del 2011 si è unita alla squadra di Blue Financial Communication. A dicembre 2017 è iniziata la sua esperienza in AdviseOnly.

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