Prestiti, polizze sotto esame

Cosa c’è che non va, nelle polizze a copertura dei prestiti? Molto, secondo Ivass e Bankitalia. Che prendono carta e penna e scrivono a produttori e distributori - fra questi le banche - chiedendo un aumento della tutela della clientela nel collocamento di questo tipo di prodotti, conosciuti in gergo come Payment protection insurance o Ppi.

Le polizze abbinate ai finanziamenti servono a tutelare i clienti dagli effetti collaterali di eventi che potrebbero pregiudicare in tutto o in parte la loro capacità di far fronte alle rate. Lato produzione, l’Ivass ha individuato vari punti critici. Per esempio, il fatto che in molti casi le garanzie assicurative rientrano in un “pacchetto” unico e indivisibile a fronte del quale il cliente paga un solo premio, secondo un approccio “one size fits all” e in barba alle valutazioni di adeguatezza basate sulle sue esigenze. Peraltro, nonostante l’“uno per tutti”, nel momento del bisogno non tutte le garanzie valgono. Anzi. L’autorità ha infatti riscontrato clausole contrattuali che spesso implicano un’importante riduzione delle garanzie promesse.

L’Ivass ha poi rilevato che gli intermediari non sempre effettuano verifiche di adeguatezza nella fase precontrattuale, con il risultato che a volte i prodotti finiscono in mano a clienti non assicurabili perché non in possesso dei requisiti previsti dalle condizioni di polizza per poter beneficiare della copertura. Purtroppo, continua l’Ivass, l’impresa assicurativa chiama in causa i “profili di inassicurabilità” non prima che il cliente sottoscriva la polizza ma nel momento in cui l’imprevisto accade e il cliente lo porta all’attenzione della compagnia, che a quel punto rifiuta la prestazione. Due esempi. Uno è il caso morte o invalidità permanente, con la prestazione spesso rifiutata in base alla “dichiarazione di buono stato di salute” che viene fatta firmare all’assicurato al momento della sottoscrizione della polizza, in cui le risposte secondo l’Ivass risultano “precompilate” e sottoposte alla firma del cliente solo “per mera accettazione”. Altro caso è la “perdita d’impiego”, dove il rifiuto viene motivato con il fatto che la copertura vale solo per il dipendente pubblico o full time o non impiegato in una ditta di famiglia. Tutte eccezioni - e qui sta l’inghippo, secondo l’autorità - che non vengono chiarite al momento della proposta della polizza.

Infine, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, ancora molti consumatori lamentano il mancato o tardivo rimborso del premio non goduto e l’opacità del procedimento adoperato dalle compagnie per il calcolo di questa parte. A livello di distribuzione, sono emersi casi in cui l’erogazione del prestito è risultata “sistematicamente abbinata alla sottoscrizione di una polizza di assicurazione”, malgrado quest’ultima sia facoltativa. Insomma, la polizza continua a essere presentata come condizione necessaria per accedere al prestito personale, e dunque “fortemente consigliata” per poter superare l’istruttoria. Un altro elemento di criticità è rappresentato dai costi: le compagnie continuano a volere il versamento dell’intero premio in anticipo, una scelta commerciale condizionata dall’applicazione, in questo caso, di provvigioni a favore dell’intermediario che possono superare il 50% del premio stesso. In capo a produttori e distributori c’è ora l’obbligo di superare tutti punti critici individuati, con un maggiore impegno alla trasparenza verso i clienti.

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Il profilo dell'autore

Credito e Consumi
blog di Maria Paulucci

Nata a Rieti, gli studi universitari a Roma, a Milano dal 2006. Dal 2007 al 2011 ha lavorato in Class CNBC, canale televisivo di economia e finanza del gruppo Class Editori. Nell'agosto del 2011 si è unita alla squadra di Blue Financial Communication. A dicembre 2017 è iniziata la sua esperienza in AdviseOnly.

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